Bere l’acqua del rubinetto potrebbe essere molto pericoloso per la vostra salute. Un recente studio, per la prima volta, ha valutato i livelli di alcune sostanze che si formano in seguito alla disinfezione dell’acqua. Nelle ricerche precedenti si erano trovato un’associazione tra cancro alla vescica e l’esposizione a lungo termine a un gruppo di sostanze chimiche chiamate trialometani (THM), come il cloroformio, risultate cancerogene negli studi sugli animali e che si forma negli impianti quando l’acqua viene disinfettata.

Secondo  uno studio pubblicato su Environmental Health Perspectives, da cui emerge che concentrazioni massime dei contaminanti hanno superato il limite di 100 microgrammi per litro in 9 paesi, inclusa l’Italia, il 5% dei casi di tumore alla vescica in Europa, uno su 20, sarebbe collegato a prodotti chimici presenti nell’acqua di rubinetto, per un totale di 6.561 casi l’anno in 26 paesi del continente.

Per stimare l’entità del problema, i ricercatori del Barcelona Institute for Global Health, hanno analizzato la presenza di sostanze chimiche nell’acqua potabile negli stati UE tra il 2005 e il 2018, inviando questionari agli organismi responsabili della qualità delle acque nazionali. Come riportano gli autori dello studio, “l’esposizione a lungo termine ai trialometani è stata associata all’aumento del rischio di tumore della vescica” ma ciò non vuol dire che sia stata dimostrata una chiara relazione: l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (International Agency for Research on Cancer – IARC) dell’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato due dei trialometani, cloroformio e diclorobromometano, nel gruppo 2B, cioè delle sostanze “possibilmente cancerogene”, per le quali esistono ancora limitate evidenze di cancerogenicità sia negli esseri umani sia negli animali. Altre sostanze (come il bromoformio) sono invece nella lista 3, le “non classificabili come cancerogene per l’essere umano”: vuol dire che esiste il dubbio, ma le prove non sono sufficienti.

Per quel che riguarda l’Italia, sono stati trovati collegamenti con 336 casi di tumore alla vescica, quindi l’1,2% dei casi. Manolis Kogevinas, coautore dello studio, ha spiegato che “negli ultimi 20 anni, sono stati fatti grandi sforzi per ridurre i livelli di trialometani in diversi paesi dell’Ue. Tuttavia – prosegue -, i livelli attuali in alcuni paesi potrebbero ancora comportare un notevole onere per il cancro alla vescica, che potrebbe essere evitato ottimizzando il trattamento delle acque”. Se nessun Paese superasse la media Ue, potrebbero essere evitati 2.868 casi annui di tumore alla vescica. Anche se la situazione italiana non desta preoccupazioni, lo studio pone l’attenzione sui sistemi di disinfestazione dell’acqua, poco sicuri. Un modo per ricordarci che i buoni stili di vita non vanno solo incoraggiati ma anche supportati con misure preventive legate alle nostre abitudine quotidiane.

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