Le microplastiche stanno contaminando il nostro pianeta, dalle montagne più alte agli oceani più profondi. Piccole particelle non biodegradabile rilasciate dalla frammentazione di materiali plastici, questi frammenti minuscoli possono restare anche per centinaia di anni nel mare o nel suolo. Fino ad oggi gli scienziati erano consapevoli della presenza pervasiva di microplastiche negli oceani e nella catena alimentare marina, che spesso le scambia per cibo con conseguenze letali.

Queste particelle, ingerite o inalate attraverso il cibo e l’acqua, erano state trovate nelle feci anche di adulti e bambini, ma un recente studio ne ha dimostrato anche tracce nel sangue umano. Nello studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Environment International e condotta dalla Vrije Universiteit di Amsterdam, sono stati analizzati campioni di sangue di 22 donatori anonimi (tutti adulti sani), trovando particelle di plastica in 17 di loro. Gli scienziati hanno trovate in quasi l’80% delle persone testate, dimostrando così che particelle di microplastiche possono “viaggiare” nel corpo e depositarsi negli organi.

Ma come finiscono le microplastiche nel nostro corpo? Se pensiamo a tutto quello che mangiamo, e beviamo, è racchiuso in contenitori di plastica. L’Italia è uno dei paesi dove si consuma maggiore quantità di acqua in bottiglie e bottigliette di plastica. Le stesse che diamo ai bambini, spesso per praticità. Così come la plastica si usura negli anni in maniera visibile, questa si consuma nei giorni in modo invisibile. E alcune minuscole particelle passano dai contenitori all’acqua, al nostro corpo. Lo stesso vale per il cibo. Nei campioni di sangue prelevati dallo studio erano presenti materiali riconducibili a quelli utilizzato per confezionare i cibi pronti o l’acqua.

Si legge infatti sul The Guardian che “La metà dei campioni conteneva plastica PET, che è comunemente usata nelle bottiglie di bevande, mentre un terzo conteneva polistirolo, usato per imballare il cibo e altri prodotti. Un quarto dei campioni di sangue conteneva polietilene, di cui sono fatti i sacchetti di plastica.”

il reale impatto sulla salute umana non è ancora stato completamente chiarito perché non è noto per quanto tempo le microplastiche rimangano nel corpo prima di essere espulse. La ricerca futura potrebbe consentire di identificare gli alimenti più contaminati ed evitarli, ma la soluzione definitiva è fermare il circolo vizioso della produzione e utilizzo di plastica: “Una volta che la plastica è nell’ambiente, non possiamo davvero eliminarla.”

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